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Cura del malato e Colpa del medico. La responsabilità medica nella legge penale

Ciascuno di noi, o per esperienza diretta, oppure per le vicissitudini di parenti o amici, si sarà trovato, almeno una volta nella vita, a contatto con le strutture sanitarie. Nel momento della diagnosi e della successiva prescrizione terapeutica, sarà stato naturale il dubbio circa l’effettiva efficacia di una data cura o intervento, specie se la questione che si presentava non era delle più semplici.

Questo dubbio, che ci attanaglia tutti, è all’origine delle controversie sulla responsabilità medica.

Sul tema si scontrano due opposte esigenze: la preoccupazione del malato di essere seguito con la migliore assistenza sanitaria possibile in vista di una sua piena guarigione, e il bisogno di certezza da parte del medico per non incorrere in procedimenti penali oppure in impegnative cause civili, finalizzate ad un risarcimento forse, in tutto o in parte, non dovuto.

Per superare le tensioni provocate dal ricorso alla cosiddetta “medicina difensiva”, fenomeno discutibile che mette, sì, l’operatore sanitario al riparo, ma che non cura al meglio il malato, sono intervenute recentemente due leggi: la legge Balduzzi L.189 del 2012 e la legge Gelli-Bianco L.24 del 2017.

L’obiettivo di tali leggi è quello di venire incontro alle paure dei medici, offrendo loro un quadro chiaro di riferimenti, di linee guida e buone pratiche, da seguire, e allo stesso tempo di fornire ai giudici dei criteri guida individuabili ex ante, in modo da rendere maggiormente prevedibile l’esito della sentenza.

In particolare la riforma del 2017 ha introdotto una disciplina differenziata dei delitti di lesioni colpose e di omicidio colposo, dovuti a imperizia sanitaria rimproverabile, un po’ com’ è già avvenuto per gli automobilisti in caso di omicidio stradale.

Recita l’art 590-sexies cod. pen. II comma: “Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.

Certo bisogna distinguere tra linee guida primarie finalizzate alla stabilizzazione di un metodo di cura, dalle linee guida secondarie orientate dal principio di contenimento dei costi.

La Cassazione infatti ha sempre ritenuto che il ruolo delle linee guida non sia né tassativo, né vincolante, proprio perché ha constatato l’impossibilità di imbrigliare l’arte medica in una serie di regole e codicilli, in protocolli generali ed astratti.

Problema che la legge Gelli-Bianco cerca di superare inserendo nel predetto articolo una “clausola di adeguatezza” dei protocolli al caso concreto e focalizzando l’attenzione medica sul Sistema Nazionale per le Linee Guida (SNGL), già operativo dal 2004, le cui indicazioni saranno pubblicate sul sito internet dell’Istituto Superiore di Sanità.

Allo stesso modo per le buone pratiche la riforma istituisce l’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità presso l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari (AGENAS).

Nuove soluzioni a problematiche antiche che sembrano aumentare gli spazi di discrezionalità del giudice, non più vincolato dalla colpa grave, (derivante dall’interpretazione ispirata dell’art.2236 del cod.civ. ) e diminuire le certezze degli operatori sanitari.

Tieni il tempo: Carpe diem!

Non cercare di sapere, cara Leuconoe, perchè individuarla sarebbe svantaggioso,

quale scadenza gli dei ci abbiano assegnato, tanto a me quanto a te,

e non sfidare i tarocchi babilonesi.

È tanto meglio concedersi alla vita, quel che sarà, sarà!

Vuoi che Giove ti abbia conferito in aggiunta altri inverni,

vuoi che questo sia l’ultimo che

logora il mare Tirreno contro gli opposti scogli,

Coltiva la sapienza, goditi la vita e

ritagliati una bella speranza in ogni piccolo momento!

Mentre stiamo parlando, sarà sfuggita l’età malvista.

Tieni il tempo! Illuditi il meno possibile di poter rimandare.

SICULORUM GYMNASIUM

siculorum_gymnasium_1230751050Il rilancio della funzione universitaria per il progresso sociale non può prescindere dalla configurazione della sua area di influenza effettiva sulla vita cittadina, del suo spazio biologico in cui coltivare i talenti dell’Isola e non solo.

Gli slanci programmatici siano animati sempre dallo spirito costruttivo del senso civico e della legalità.

Si seguano le tante  testimonianze sincere di donne e uomini appassionati che hanno creduto davvero nell’ideale di promozione umana tipico del Siculorum Gymnasium!

E gli sforzi collettivi siano indirizzati alla virtuosità creativa di una comunità di studio, che agevoli il dialogo culturale fra docenti e studenti, che incentivi l’intelligenza collettiva di una ricerca di alta qualità.

L’Università è portatrice di una responsabilità sociale che non può disconoscere e relativizzare, non prendendosi cura della vita intellettuale del contesto ambientale  in cui è inserita,  non prendendosi  carico delle istanze della società.

Il parametro dell’Università, più che l’effervescenza dei singoli, è l’effettività culturale della sua proposta formativa.

Esercita la sua qualità  istituzionale, quando stabilisce le fondamenta di una società migliore, progredita nella conoscenza e nel sapere.

È la missione, cui è chiamata l’Università nella sua collegialità comunitaria.

Il suo risultato, indipendentemente dalle graduatorie, è facilmente osservabile dalla qualità di vita e dalla tensione culturale che riesce a generare.

Ci vuole passione.

Università, universalità del sapere contro una cultura della corruzione 

La denuncia di Cantone , presidente dell’Autorità anti corruzione, non è certo una novità, ma una strategia dell’attenzione anche sulle Università non può sicuramente condurre ad un peggioramento ulteriore rispetto all’esistente.

Quanti sono tornati entusiasti dopo una lezione che dava la percezione di un arricchimento umano e culturale!! Il dato segnala però  che molto spesso questo slancio emotivo è  frutto di un’inattesa e piacevole sorpresa, quasi che ci si trovasse di fronte ad un evento eccezionale, piuttosto che all’ordinaria quotidianità di una istituzione che prima di tutto è  e deve essere una riserva intellettuale.

Come per gli abusivismi edilizi basta prestare lo sguardo a Google maps, così per rendersi conto della meritevolezza dell’occupazione di talune posizioni basta semplicemente leggere qualche articolo prodotto e avvertire la sensazione di un immiserimento personale per il solo fatto di essersi accostati a tanto acume.

Il problema irrisolto sta nella circostanza attuale di una possibilità alquanto complicata di rigenerazione tanto all’interno che in virtù di forze esogene, le quali sono ancora di più sfornite del bagaglio di strumenti cognitivi adeguati per un serio apprezzamento delle questioni.

Viceversa chi sarebbe deputato al controllo molto spesso è impegnato così tanto nella difesa della categoria da soffocare gli spiriti più curiosi con la chiusura impaurita nel proprio ruolo e il rifiuto pregiudiziale del dialogo persino con i colleghi più avveduti,le cui considerazioni vengono considerate di default irrazionali, non perché prive di fondamento, ma perché  realmente poco compresibili per chi si attenga a svolgere una funzione meramente ricognitiva del pensiero dominante o strumentale al mantenimento di un favore diffuso alla stregua o a volte pure coincidente al consenso politico.

Non sono però le regole a poter rivoluzionare lo stato delle cose, ma un’etica diffusa, la responsabilità delle coscienze e soprattutto la passione per il proprio lavoro.

È tempo di ricreazione! Tra gioco, studio e lavoro.

Scocca, scalcia, scatta l’ora della efficienza produttiva che batte, sbatte abbatte nel ritmo il tempo economico delle nostre stereotipate, standardizzate, implementate vite industriali, disperse nella massa anonima, confuse tra la moltitudine delle informazioni.

Attenti al fluire degli accidenti, ci perdiamo nella complessità delle occasioni e nella discontinuità delle opportunità fugaci e sfuggenti.

In questa degradazione atomistica che ci fa scivolare nel vortice caotico della mutevolezza, camaleonticamente la sola metamorfosi ci permette di adattarci al nuovo ordine in movimento ricostruendo da destrutturata la nostra dimensione cosmica.

La società sembra asservita alla strumentalità come paradigma dello scambio fra soggetti attivi, all’utilitarismo e al dispiegamento pesante del liberalismo esasperato, luogo dell’abuso e della prepotenza vigliacca, perché ammantata da un’aurea di perbenistica liceità che chiama responsabilità lo schiavismo più brutale.

Sento suonare spesso la stessa musica, marziale bandistica o banditistica, ma le note sono anarchiche e basta uno starnuto, una sincope per aprirsi in un contrappunto che spalanca le finestre ad un vento di freschezza che ci spinge controcorrente.

Dare fatis vela, aperte le vele al fato favorevole ci spingiamo nella traversata del mare aperto, tra onde, cavalloni e rivoli di fiumi e con la nave dell’intelletto ci sospingiamo oltre le colonne del possibile verso il desiderabile, su nelle stelle.

Le costellazioni sono infatti le uniche coordinate per orientarci nell’oceano blu e dolci ci fanno compagnia come lucciole nelle notti agitate.

L’aria rarefatta ci riempie con un soffio vitale il respiro del cuore e della mente, l’ossigeno ci fa apprezzare i colori, i suoni, gli elementi della natura, la vita e molto di piu.

Nel primum vivere connaturato al philosophari ci riconosciamo nella dignità di zoon politicon, di essere relazionale, che fonda la propria identità in quella convivialità delle differenze data dall’intersoggettività, vera comunità pluralistica.

E riscopriamo l’arte della bellezza, il senso dell’amicizia, il gusto della socievolezza, l’entusiasmo della conoscenza mentre le tre dimensioni produttive, cognitive e ludiche si fondono in una sol corpo: è l’ozio creativo. È il tempo della ricreazione.

Tanto per scomodare Bertrand Russel , nel 1935 nel suo Elogio dell’Ozio egli sostenne che “la tecnica moderna consente che il tempo libero, entro certi limiti, non sia una prerogativa di piccole classi privilegiate, ma possa essere equamente distribuito tra tutti i membri di una comunità”

Anche il filosofo russo Alexandre Koyrè, ha scritto “non è dal lavoro che nasce la civiltà: essa nasce dal tempo libero e dal gioco”

Certo mi convince maggiormente il contemporaneo e spassosissimo sociologo Domenico De Masi che sostiene l’univocità sintetica dei tre fattori creativi del lavoro, dell’apprendimento, del gioco nel suo libro l’ “Ozio creativo”.

In un insieme policromo di abilità metterei in relazione fra loro gioco, studio, lavoro con l’intelligenza collettiva e l’intelligenza emozionale, portata in auge dal famosissimo Goleman.

Queste parole per riaccendere il sagace spirito fucino, spirito goliardico, arguto, controcorrente, impertinente, anarchico ma sempre umanissimo e rispettoso della dignità di ogni oggetto del creato e dell’intenzione amorevole del suo Creatore.

Nell’amicizia si fonda la Fuci, per l’amicizia passa tutta la sua tipicità e la sua forza nella capacità di auto motivarsi, di risolvere i problemi, di superare gli ostacoli, di appassionarsi con gioia alla felicità della vita nonostante le avversità, riscaldati dal calore umano di quel focolare domestico, che è la vita fucina, fucina di talenti.

Credere nell’Università

La via accessibile tra Studio, Ricerca e Frontiera

Gli anni dello studio in Università costituiscono un’ occasione irripetibile di crescita e di maturazione personale, nella quale si viene posti dinnanzi alla difficoltà di scontrarsi con i limiti, che contraddistinguono l’individuo come singolo, e allo stesso tempo si è messi di fronte alla possibilità di poterli superare, attraverso un percorso comune che conduce a qualificare come adulto responsabile, chi desideri intraprenderlo.

La via accessibile viene individuata dunque in un approccio universalistico allo studio universitario, che rifugga l’individualismo esasperato e la realizzazione personale immaginata in una logica antagonista all’interesse generale e che invece sia fondato su una vocazione intellettuale che si realizza appieno attraverso la solidarietà e la condivisione delle conoscenze a servizio della comunità intera.

È da percorrere quindi la bontà di un’idea di Università, intesa come comunità dialettica e dialogica fra docenti e discenti in cui ci si applica nell’esercizio progressivo finalizzato all’apprendimento e nello studio attraverso l’impiego dell’intelligenza collettiva, ravvisando l’opportunità di partecipare attivamente ai corsi di studi in spirito di simpatia verso le materie e di solidarietà e amicizia con i compagni nelle attività di Facoltà.

Soltanto in tale ambiente si appalesa maggiormente chiarificata l’impressione di come l’intelligenza collettiva non sia (intus legere) esclusivamente un’introspezione speculativa ma anche realmente una capacità di comprensione (inter legere) delle relazioni fra le cose nel contesto loro proprio.

Tuttavia non è possibile fare a meno di osservare che questa opportunità attualmente non risulta effettivamente estesa a tutti i volenterosi. La presenza di ostacoli di natura economica e sociale impedisce la parità di accesso ai corsi e conseguentemente la piena realizzazione della persona umana che è invece compito della nostra democrazia promuovere.

A maggior ragione allora ciò non può esimere, anzi deve interrogare sempre più pressantemente quanti costituiscano parte integrante della comunità universitaria, richiedendo una più forte responsabilizzazione alla costanza di un impegno serio in Università e per l’Università, nella consapevole convinzione che essa rimane l’istituzione centrale per quella sempre più necessaria riscossa morale, etica e civile.

Da ciò è doveroso ripartire per costruire su più solide e stabili fondamenta la nostra casa comune italiana ed europea, mettendo alla base quel “pavimento etico”, che è il bene comune.

Credere nell’Università costituisce una missione cui sentirsi chiamati.

Questa espressione può essere interpretata secondo una duplice lettura: da un lato riconoscere la preziosità del valore e confidare nell’ indispensabile ruolo culturale e sociale dell’istituzione, dall’altro estendere anche negli atenei la propria esperienza di fede, attraverso la testimonianza fedele delle proprie azioni quotidiane ed una comunicazione sincera che si fonda su un linguaggio limpido e costituito da parole coerenti col vissuto personale.

Agli studenti che si riconoscono nel messaggio della buona novella, viene quindi richiesto di essere impegnati nella mediazione culturale, cioè nella capacità di far dialogare fede e cultura, e di affinare il proprio sguardo sulla realtà contemporanea in modo tale da aiutare la Chiesa nella lettura dei “segni dei tempi” e la società nella progettazione di un futuro a misura d’Uomo.

La vita circolare del gruppo fucino è in questo modo testimonianza concreta e tangibile di adesione sincera   al messaggio universale di piena umanità.

Nel gruppo infatti si realizza appieno la vocazione alla carità politica, nella sua forma più alta, imparando attraverso la pratica costante della solidarietà, della cura fraterna e del confronto sincero che non esiste libertà nella solitudine e al di fuori della comunità.

Si potrebbe definire una scuola dell’amicizia e della libertà, nella quale tutti possono esprimere al meglio se stessi senza pregiudizi, sicuri di trovarsi in un posto protetto, non perché chiuso ed esclusivo, ma in quanto accogliente ed aperto alle ragioni dell’altro; un luogo in cui s’impara, che si cresce con lo studio, ma soltanto se si sta insieme, se ci si tiene per mano, sostenendosi a vicenda lungo il quotidiano percorso faticoso e felice verso la santificazione per mezzo del servizio di apostolato di vita interiore nelle attività in Facoltà e in Università più in generale.

Lo Studio in tal senso viene inteso non solo come strumentale all’acquisizione di specifiche e settoriali competenze o men che mai di un sapere museificato, “ridotto a mero reperto erudito” , ma come occasione privilegiata per raggiungere una conoscenza vera attraverso  un processo incessante di dialogo e rinascita collettiva, che  sia pure un “conascere”, un nascere ancora con un nuovo sguardo sul mondo, con una rinnovata coscienza che  deve essere costantemente  educata a rimanere sempre critica e vigile.

La Ricerca costituisce di conseguenza un metodo di indagine, un habitus mentale, che pone lo studente appassionato in interlocuzione interrogativa con il testo e la sua analisi volta all’interpretazione ermeneutica attraverso quella attenzione curata dei segni che solo la semiotica riesce ad offrire nella sua operatività destrutturante e ricostruttiva di senso.

La Frontiera perciò non può che essere il luogo di approdo di tale ulissiano peregrinare, nello spingersi verso i confini dell’infinito e oltre, per essere avanguardia, pungolo come le prime società cristiane; perché “se l’intellettuale è disinteressato e appassionato è sempre una contestazione vivente.”

Coniugare fede e cultura, anima ed intelligenza, preghiera e studio  nelle dimensioni  politca-culturale, teologica-spirituale e universitaria è il compito della federazione, la quale  si propone  come esperienza di vita  qualificata e qualificante, che  forma negli studenti  una “Coscienza Universitaria”, una sensibilità profonda e riflessiva, nella cui interiorità sforzarsi ininterrottamente di ricondurre ad unità le pur distinte sfere temporali e spirituali, coltivando intimamente quel senso profondo di libertà, ispirato dalla tensione perenne ad un’alterità totale, che non produce mai appagamento delle contingenze immanenti.

La FUCI è in ultima analisi chiamata alla responsabilità civile ed ecclesiale: è vocazione alla carità intellettuale e alla mediazione culturale per essere “fermento della società” con quell’intelligenza degli avvenimenti, che si manifesta in primo luogo come capacità di osservazione speculativa della realtà contingente attraverso uno sguardo più profondo su ciò che accade sotto i nostri occhi.

In questi termini definiva la Fuci un nostro indimenticabile assistente ecclesiastico:

“C’è un pugno di studenti, i quali tanto vivono, tanto comprendono, tanto amano l’università, che non per altro in fondo, che per il loro fervore universitario, dagli altri si distinguono e agli altri si presentano. Non ne faccio l’elogio: solo dico come vivono la loro Coscienza Universitaria.”(Giovanni Battista Montini)

Vorrei concludere con un augurio ed un auspicio per i ragazzi dei gruppi che intraprendono il loro percorso formativo in questo anno accademico, con la speranza che possano sempre essere riconosciuti come i fucini della definizione precedente, ossia studenti che si differenziano in quanto cattolici, e che avvertono la responsabilità dell’annuncio salvifico del messaggio cristiano attraverso la propria testimonianza nei luoghi che si propongono di abitare: l’Università, la Chiesa, la Città.

Sugli strumenti di partecipazione

GLI ISTITUTI DI DEMOCRAZIA DIRETTA:  REFERENDUM, INIZIATIVA LEGISLATIVA POPOLARE , DIRITTO DI PETIZIONE.

Premessa: democrazia diretta e rappresentativa

Il principio democratico informa dalle fondamenta il nostro ordinamento costituzionale trovando immediata formalizzazione nella disposizione dell’articolo 1 che attribuisce la sovranità al popolo, il quale è chiamato ad esercitarla nelle forme e nei limiti previsti all’interno della Costituzione.

La stessa forma repubblicana, che secondo l’art. 139 non può essere oggetto di revisione costituzionale, fonda la propria intangibilità nella consultazione popolare del referendum istituzionale celebratasi il 2 giugno 1946.

Il significato etimologico del termine democrazia sta ad indicare infatti l’inscindibilità della relazione fra il popolo e l’attribuzione ad esso della titolarità del potere politico, la sovranità, che trae dal popolo e nel popolo la propria fonte di legittimazione.

Differenti istituti giuridici presidiano la costante immissione del popolo nel governo della cosa pubblica:

in via principale l’esercizio della sovranità viene garantito con la scelta dei propri rappresentanti secondo il principio della democrazia indiretta o rappresentativa, in maniera decentrata e pluralista concorrendo all’indirizzo politico nelle formazioni sociali (art. 2) nelle quali il singolo svolge la sua personalità ed in particolar modo nei partiti politici (art. 49), complementariamente attraverso gli strumenti di democrazia diretta quali il referendum abrogativo delle leggi ordinarie e degli atti aventi forza di legge previsto dall’art. 75, il diritto di petizione (art. 50), l’iniziativa legislativa popolare (art. 71), i referendum ex artt. 132 e 133 ed il referendum costituzionale (art. 138).

In particolare l’esercizio della sovranità attraverso queste tre forme di partecipazione democratica (democrazia rappresentativa, democrazia decentrata o pluralista e democrazia diretta) riguarda quella parte di popolo, termine col quale si designa l’insieme di coloro che sono in possesso del diritto di cittadinanza, definita corpo elettorale, che del popolo costituisce la frazione politicamente attiva.

Secondo l’art. 48 comma I sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età, salvo le eventuali limitazioni indicate nel IV comma: incapacità civile, sentenza penale irrevocabile, indegnità morale.

 

Il referendum e la funzione deliberativa del corpo elettorale

Il referendum è il più incisivo tra gli istituti di democrazia diretta.

Tralasciando l’analisi dei referendum territoriali degli artt. 132 e 133, che concernono la fusione, la creazione di nuove regioni ovvero il distacco e l’aggregamento ad altra regione di province e comuni e della possibilità del referendum regionale previsto dall’art 123, il quale può essere di natura abrogativa o consultiva; due sono gli esempi principali referendum individuati dal Costituente: il referendum abrogativo ed il referendum costituzionale.

Dagli Atti dell’Assemblea Costituente e particolarmente della II sottocommissione emerge quanto la questione della partecipazione popolare attraverso gli istituti di democrazia diretta in special modo per mezzo del referendum fosse oggetto di accesi ed impegnativi dibattiti.

Costantino Mortati, tra i più attivi e convinti sostenitori dell’introduzione dello strumento referendario, fu l’artefice della presentazione di una proposta che prevedeva un’articolazione in quattro diverse tipologie, tre di iniziativa popolare ed una di iniziativa governativa:

un referendum abrogativo per l’abrogazione delle leggi vigenti; un referendum sospensivo, volto ad impedire l’entrata in vigore di leggi approvate dal parlamento ma non ancora efficaci; un referendum propositivo all’inserimento di nuove disposizioni; ed infine un referendum arbitrale, l’unico di iniziativa governativa anche se formalmente era necessaria una richiesta del capo dello stato, con lo scopo di dirimere i contrasti tra le due camere o tra le camere ed il governo.

Un non eccessivo favore diffuso verso l’istituto condusse al mantenimento della sola tipologia abrogativa tra quelle proposte da Mortati, con la funzione cardine di correggere gli eccessi del parlamentarismo e di stimolo per la partecipazione attiva dei cittadini.

Un intervento di Aldo Moro metteva in luce la potenzialità educativa del referendum “come stimolo per una evoluzione della coscienza pubblica.

 

Referendum abrogativo

Art. 75. “È indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.

Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.

Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.

La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.

La legge determina le modalità di attuazione del referendum. “

L’art. 75 della costituzione detta gli elementi essenziali dell’istituto, la cui disciplina invece è completata dalla legge 352/1970 – Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo – e dalla legge 459/2001 – Norme per l’ esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’ estero – .

L’ oggetto della richiesta di abrogazione può essere costituito da una legge o un atto ad essa equiparato; rimangono invece escluse le norme della costituzione, leggi di revisione costituzionale e le altre leggi costituzionali approvate con il procedimento aggravato disciplinato dall’art. 138, che già prevede la possibilità della loro sottoposizione a consultazione popolare nel caso in cui non siano state approvate con la maggioranza dei 2/3 in seconda votazione (sent. Cost. 16/1978), e le leggi indicate nel II comma dell’art. 75, ossia le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.

La richiesta può essere presentata da 500 000 elettori o da 5 consigli regionali, la legge 352/1970 ha previsto la figura dei promotori, cui attribuisce una rilevante importanza nell’espletamento delle incombenze necessarie; inoltre la Corte Costituzionale con le sentenze 17 e 69/1978 ha attribuito al comitato dei promotori la qualità di “potere” consentendogli la capacità di sollevare conflitto di attribuzione.

Sono previste due momenti di controllo preventivo: il primo svolto dall’ufficio centrale presso la Corte di Cassazione sulla legittimità della richiesta e sulla conformità alla legge, il secondo svolto dalla Corte Costituzionale sull’ammissibilità dei quesiti sottoposti.

Spetta al Presidente della Repubblica, su deliberazione del consiglio dei ministri, indire con decreto il referendum, fissando la data di convocazione degli elettori in una domenica compresa fra il 15 aprile e il 15 giugno.

Se prima della data di svolgimento del referendum le norme cui si riferisce il referendum sono abrogate, l’ufficio centrale per il referendum dichiara che le operazioni relative non abbiano più corso.

Non si procede più con le consultazioni popolari anche nel caso in cui la nuova disciplina, che abroga quella divenuta oggetto dei quesiti, realizzi gli obiettivi già prefissati dal comitato promotore; altrimenti qualora non siano stati modificati i principi ispiratori o i contenuti essenziali, che fondano la richiesta del comitato, tale trasformazione non pregiudica in alcun modo la possibilità di espletamento delle operazioni referendarie.

In tal senso si intende tutelare la volontà dei promotori e dei sostenitori dall’atteggiamento surrettizio di un parlamento, che agisca col solo obiettivo di bloccare l’attività di consultazione popolare per mezzo dello strumento referendario.

Per l’approvazione della proposta soggetta a referendum è richiesta una doppia maggioranza, quella degli aventi diritto al voto (quorum strutturale) e quella dei votanti (quorum deliberativo).

Qualora il corpo elettorale non accolga la proposta referendaria , essa non può essere presentata prima che siano decorsi 5 anni dalla data di convocazione (art 38 legge 352/1970), viceversa nel caso in cui la proposta incontri il favore del corpo elettorale, vi è un orientamento della dottrina secondo il quale anche il parlamento non avrebbe la possibilità di reintrodurre la disciplina abrogata dal referendum, almeno nei 5 anni successivi dalla convocazione.

In caso di successo del referendum, l’abrogazione delle disposizioni ha effetto dal giorno seguente la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Presidente della Repubblica, il quale può anche rinviare di 60gg la pubblicazione, dietro richiesta del ministro della giustizia.

 

 

 

 

Referendum Costituzionale

Art . 138 “Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.

Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.

Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.”

Il referendum costituzionale rientra nell’ambito degli strumenti di partecipazione popolare, che attribuiscono una funzione deliberativa al corpo elettorale.

Esso è previsto dall’articolo 138, il quale lo differenzia dal referendum abrogativo di cui all’art.75 in quanto l’oggetto di tale consultazione richiede una valutazione su una legge di rango costituzionale, che sia stata approvata da ciascuna camera in seconda deliberazione a maggioranza assoluta dei componenti e che ancora non sia entrata in vigore, in quanto si inserisce nella fase che precede la promulgazione.

Questo momento della consultazione referendaria non rappresenta una tappa necessaria, non è parte integrante del procedimento di formazione di una legge costituzionale, quanto piuttosto costituisce un’eventualità con caratteristiche eminentemente ostative, volte per lo più all’impedimento dell’adozione dell’atto normativo. Eventualità che può essere azzerata dalla approvazione a maggioranza qualificata di 2/3 dei componenti di ciascuna delle Camere.

L’iniziativa differisce per un solo elemento da quella dell’art 75, in quanto viene conferita anche ad una minoranza qualificata di 1/5 dei componenti di ciascun ramo del Parlamento la possibilità di presentare una richiesta di consultazione referendaria.

Ai fini della validità della consultazione non è prevista alcuna maggioranza strutturale In relazione alla partecipazione del corpo elettorale, è richiesta solo la maggioranza dei votanti per l’approvazione del referendum.

La partecipazione propositiva I: l’iniziativa legislativa popolare

La partecipazione del corpo elettorale attraverso gli istituti della democrazia diretta non assolve esclusivamente a funzioni deliberative come nel caso dei referendum; infatti per mezzo di altri strumenti quali l’iniziativa legislativa popolare ed il diritto di petizione la parte politicamente attiva può dare impulso e stimolo alle istituzioni svolgendo una funzione propositiva.

In questi casi il popolo e la sua parte politicamente attiva svolgono per l’appunto soltanto una delle tre funzioni attribuite dalla Costituzione al corpo elettorale, quella propositiva; restano invece legate ai propri specifici istituti le altre due funzioni del corpo elettorale, ossia quella prepositiva ad organi mediante elezioni e quella deliberativa per mezzo del referendum.

Una differenza fondamentale fra gli istituti che afferiscono alle funzioni deliberative rispetto a quelli che sono relativi alle funzioni propositive si profila in relazione ai destinatari delle richiesta: i primi sono rivolti alla deliberazione della restante parte del corpo elettorale, questi ultimi invece si caratterizzano per il contenuto di mera proposta indirizzato alle attività di altri poteri, in capo ai quali non sorge alcun obbligo di pronunciamento come avviene per esempio nelle Camere del Parlamento, Camera dei deputati e Senato della Repubblica, nei Consigli Regionali etc.

Art 71 II comma: Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli.

L’art.71 comma II sancisce la potestà di una parte significativa del corpo elettorale di dare avvio al procedimento di formazione della legge, presentando la proposta d i un progetto di legge redatto in articoli.

Due sono i requisiti per la ricevibilità che emergono dalla lettura della disposizione, per un verso uno è di carattere soggettivo , viceversa l’altro è di carattere oggettivo.

Da una parte sono specificati il numero e la qualità di chi presenti il progetto di legge, ossia il numero di 50’000 persone e la qualità di essi, ossia di persone che abbiano maturato il diritto di voto e quindi rientrano nel novero delle liste elettorali; dall’altra risulta prescritta una forma ben determinata per la redazione della proposta, ossia un progetto redatto in articoli.

Ulteriori condizioni sono prescritte dalla legge 352/1970 -Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo- negli articoli 48 e 49 del Titolo IV – Iniziativa del popolo nella formazione delle leggi- .

L’esercizio di questo diritto costituisce sostanzialmente in un mero avvio di un procedimento che potrebbe comportare il duplice effetto negativo, per il quale chi presenta una proposta ne perde proprio al momento della consegna la disponibilità e chi la riceve magari potrà essere interessato sotto altri fronti, inducendo la produzione di una fase di stallo, ossia una vero e proprio arresto dell’attività legislativa richiesta, la quale potrà rimanere incardinata soltanto nel momento iniziale.

La partecipazione propositiva II: il diritto di petizione

Art. 50 “Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità.”

Il diritto di petizione si distingue dagli altri due istituti di democrazia diretta in quanto una sua caratteristica peculiare consiste nella mancanza del requisito della collettività dell’atto il quale infatti può anche essere compiuto personalmente dal singolo interessato con la finalità di estrinsecare esigenze personali in qualche modo diffuse nella società o in frazioni di essa.

Un ulteriore elemento di specialità è rappresentato dall’apertura di questo strumento di partecipazione attiva non solo al corpo elettorale, ma anche ai cittadini, termine interpretabile nel suo significato più esteso che concerne la qualifica di ogni essere umano, e ai non elettori in particolar modo.

Infine in contrapposizione alla struttura formale e alla redazione in articoli dell’iniziativa legislativa, per quanto attiene al diritto di petizione non occorre soddisfare specifici requisiti né assumere forme istituzionalizzate.

Ferma restando la possibilità della proposizione attraverso anche il singolo individuo essa non è in ogni caso ammissibile per rivendicare un diritto soggettivo o per far valere un interesse legittimo ma si pone sempre a tutela dell’interesse generale di una pluralità.

“Meglio una testa ben fatta che una testa ben piena”

Il Gruppo F.U.C.I. di Catania ha partecipato anche quest’anno alla Settimana dell’Università, l’iniziativa promossa dalla F.U.C.I. nazionale per testimoniare il suo modo di “abitare l’Università”,  giunta alla IV edizione,  che si è svolta dal 14 al 20 Novembre in  più di trenta città  italiane sotto il motto comune “Gustosamente”: «Non il molto sapere sazia e soddisfa l’anima ma il sentire e gustare le cose interiormente» (Sant’Ignazio da Loyola)”.

A Catania  Giovedì 17 Novembre alle ore 17   nell’aula 124 del Dipartimento di Matematica e Informatica si è tenuta una conferenza-dibattito dal titolo: “Meglio una testa ben fatta che una testa ben piena” – Dialoghi tra studenti e professori per un PROGETTO COMUNE di UNIVERSITÀ, in cui sono intervenuti il Prof. Giovanni Di Rosa (Docente ordinario di Diritto Privato), il Prof. Gaetano Giaquinta (Docente ordinario di Struttura della Materia), e il Prof. Giuseppe Mulone (Direttore del Dipartimento di Matematica ed Informatica dell’Università di Catania) e nel corso della quale  si è assistito alla visione del filmato “Siate affamati, siate folli!”  elaborato dai ragazzi del gruppo.

Col titolo dell’ incontro “Meglio una testa ben fatta che una testa ben piena”, una citazione di Michel de Montaigne, riportata in luce dall’epistemologo francese Edgar Morin ,  abbiamo inteso porre l’attenzione  sul momento della formazione universitaria, perché sia all’altezza delle necessità attuali e in grado di fornire gli strumenti idonei per comprendere la nostra “epoca della complessità“.

Oggi, in questo momento drammatico di profonda difficoltà e di grave crisi economica, civile e sociale, noi giovani universitari cattolici  sentiamo il dovere di assumerci la nostra parte di responsabilità, testimoniando la nostra presenza attiva,  che ha a cuore le sorti della nostra Università, la quale nonostante le politiche  depressive, di cui è stata oggetto  negli ultimi anni, rimane l’istituzione centrale per quella riscossa etica e civile, unica via per ricostruire su più solide e stabili fondamenta la nostra amata patria, la nostra casa comune italiana ed europea, mettendo alla base quel “pavimento etico”, che è il bene comune.

Siamo infatti consapevoli della necessità di vivere in modo più intenso e riflessivo il periodo universitario, nel quale si raggiunge la maturità intellettuale e si consolidano le nostre convinzioni; per questo proponiamo la nostra “ricetta” per “menti gustose”    in pieno stile fucino, caratterizzato dalla incessante  ricerca comune della Verità, con un metodo critico e dialogico,  volto alla formazione di una “Coscienza Universitaria”, di una sensibilità profonda e riflessiva, nel solco dell’umanesimo integrale.

Abbiamo voluto  significare la nostra convinzione che lo studio, coltivato con passione, non debba essere inteso solo come strumentale all’acquisizione di specifiche e settoriali competenze o men che mai di un sapere museificato , ma come occasione per raggiungere una conoscenza vera attraverso  un processo incessante di dialogo e rinascita collettiva, che  sia pure un “conascere”, un nascere ancora con un nuovo sguardo sul mondo, con una rinnovata coscienza, la quale per ciò  deve essere costantemente  educata a rimanere sempre critica e vigile, supportata da una “testa ben fatta”, che ci permetta di imparare a vivere e di “onorare la nostra intelligenza”.

La Convivialità delle Differenze

Nell’ambito della III  Settimana dell’Università, i fucini di Catania hanno discusso dei rapporti tra identità, alterità e differenza nella Postmodernità  con la prof.ssa Annamaria Corpaci, psicologa e  docente di psicologia della religione, il prof. Antonio Ucciardo, docente di teologia e il Prof. Rosario Sapienza, ordinario di diritto Internazionale dell’Università degli Studi di Catania nella conferenza intitolata “La convivialità delle differenze”: la conoscenza necessaria per una rinnovata/ritrovata Umanità, tenutasi il 18 marzo  nell’Aula Magna dell’ISSR “San Luca”.