GLI ISTITUTI DI DEMOCRAZIA DIRETTA: REFERENDUM, INIZIATIVA LEGISLATIVA POPOLARE , DIRITTO DI PETIZIONE.
Premessa: democrazia diretta e rappresentativa
Il principio democratico informa dalle fondamenta il nostro ordinamento costituzionale trovando immediata formalizzazione nella disposizione dell’articolo 1 che attribuisce la sovranità al popolo, il quale è chiamato ad esercitarla nelle forme e nei limiti previsti all’interno della Costituzione.
La stessa forma repubblicana, che secondo l’art. 139 non può essere oggetto di revisione costituzionale, fonda la propria intangibilità nella consultazione popolare del referendum istituzionale celebratasi il 2 giugno 1946.
Il significato etimologico del termine democrazia sta ad indicare infatti l’inscindibilità della relazione fra il popolo e l’attribuzione ad esso della titolarità del potere politico, la sovranità, che trae dal popolo e nel popolo la propria fonte di legittimazione.
Differenti istituti giuridici presidiano la costante immissione del popolo nel governo della cosa pubblica:
in via principale l’esercizio della sovranità viene garantito con la scelta dei propri rappresentanti secondo il principio della democrazia indiretta o rappresentativa, in maniera decentrata e pluralista concorrendo all’indirizzo politico nelle formazioni sociali (art. 2) nelle quali il singolo svolge la sua personalità ed in particolar modo nei partiti politici (art. 49), complementariamente attraverso gli strumenti di democrazia diretta quali il referendum abrogativo delle leggi ordinarie e degli atti aventi forza di legge previsto dall’art. 75, il diritto di petizione (art. 50), l’iniziativa legislativa popolare (art. 71), i referendum ex artt. 132 e 133 ed il referendum costituzionale (art. 138).
In particolare l’esercizio della sovranità attraverso queste tre forme di partecipazione democratica (democrazia rappresentativa, democrazia decentrata o pluralista e democrazia diretta) riguarda quella parte di popolo, termine col quale si designa l’insieme di coloro che sono in possesso del diritto di cittadinanza, definita corpo elettorale, che del popolo costituisce la frazione politicamente attiva.
Secondo l’art. 48 comma I sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età, salvo le eventuali limitazioni indicate nel IV comma: incapacità civile, sentenza penale irrevocabile, indegnità morale.
Il referendum e la funzione deliberativa del corpo elettorale
Il referendum è il più incisivo tra gli istituti di democrazia diretta.
Tralasciando l’analisi dei referendum territoriali degli artt. 132 e 133, che concernono la fusione, la creazione di nuove regioni ovvero il distacco e l’aggregamento ad altra regione di province e comuni e della possibilità del referendum regionale previsto dall’art 123, il quale può essere di natura abrogativa o consultiva; due sono gli esempi principali referendum individuati dal Costituente: il referendum abrogativo ed il referendum costituzionale.
Dagli Atti dell’Assemblea Costituente e particolarmente della II sottocommissione emerge quanto la questione della partecipazione popolare attraverso gli istituti di democrazia diretta in special modo per mezzo del referendum fosse oggetto di accesi ed impegnativi dibattiti.
Costantino Mortati, tra i più attivi e convinti sostenitori dell’introduzione dello strumento referendario, fu l’artefice della presentazione di una proposta che prevedeva un’articolazione in quattro diverse tipologie, tre di iniziativa popolare ed una di iniziativa governativa:
un referendum abrogativo per l’abrogazione delle leggi vigenti; un referendum sospensivo, volto ad impedire l’entrata in vigore di leggi approvate dal parlamento ma non ancora efficaci; un referendum propositivo all’inserimento di nuove disposizioni; ed infine un referendum arbitrale, l’unico di iniziativa governativa anche se formalmente era necessaria una richiesta del capo dello stato, con lo scopo di dirimere i contrasti tra le due camere o tra le camere ed il governo.
Un non eccessivo favore diffuso verso l’istituto condusse al mantenimento della sola tipologia abrogativa tra quelle proposte da Mortati, con la funzione cardine di correggere gli eccessi del parlamentarismo e di stimolo per la partecipazione attiva dei cittadini.
Un intervento di Aldo Moro metteva in luce la potenzialità educativa del referendum “come stimolo per una evoluzione della coscienza pubblica”.
Referendum abrogativo
Art. 75. “È indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.
La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
La legge determina le modalità di attuazione del referendum. “
L’art. 75 della costituzione detta gli elementi essenziali dell’istituto, la cui disciplina invece è completata dalla legge 352/1970 – Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo – e dalla legge 459/2001 – Norme per l’ esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’ estero – .
L’ oggetto della richiesta di abrogazione può essere costituito da una legge o un atto ad essa equiparato; rimangono invece escluse le norme della costituzione, leggi di revisione costituzionale e le altre leggi costituzionali approvate con il procedimento aggravato disciplinato dall’art. 138, che già prevede la possibilità della loro sottoposizione a consultazione popolare nel caso in cui non siano state approvate con la maggioranza dei 2/3 in seconda votazione (sent. Cost. 16/1978), e le leggi indicate nel II comma dell’art. 75, ossia le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
La richiesta può essere presentata da 500 000 elettori o da 5 consigli regionali, la legge 352/1970 ha previsto la figura dei promotori, cui attribuisce una rilevante importanza nell’espletamento delle incombenze necessarie; inoltre la Corte Costituzionale con le sentenze 17 e 69/1978 ha attribuito al comitato dei promotori la qualità di “potere” consentendogli la capacità di sollevare conflitto di attribuzione.
Sono previste due momenti di controllo preventivo: il primo svolto dall’ufficio centrale presso la Corte di Cassazione sulla legittimità della richiesta e sulla conformità alla legge, il secondo svolto dalla Corte Costituzionale sull’ammissibilità dei quesiti sottoposti.
Spetta al Presidente della Repubblica, su deliberazione del consiglio dei ministri, indire con decreto il referendum, fissando la data di convocazione degli elettori in una domenica compresa fra il 15 aprile e il 15 giugno.
Se prima della data di svolgimento del referendum le norme cui si riferisce il referendum sono abrogate, l’ufficio centrale per il referendum dichiara che le operazioni relative non abbiano più corso.
Non si procede più con le consultazioni popolari anche nel caso in cui la nuova disciplina, che abroga quella divenuta oggetto dei quesiti, realizzi gli obiettivi già prefissati dal comitato promotore; altrimenti qualora non siano stati modificati i principi ispiratori o i contenuti essenziali, che fondano la richiesta del comitato, tale trasformazione non pregiudica in alcun modo la possibilità di espletamento delle operazioni referendarie.
In tal senso si intende tutelare la volontà dei promotori e dei sostenitori dall’atteggiamento surrettizio di un parlamento, che agisca col solo obiettivo di bloccare l’attività di consultazione popolare per mezzo dello strumento referendario.
Per l’approvazione della proposta soggetta a referendum è richiesta una doppia maggioranza, quella degli aventi diritto al voto (quorum strutturale) e quella dei votanti (quorum deliberativo).
Qualora il corpo elettorale non accolga la proposta referendaria , essa non può essere presentata prima che siano decorsi 5 anni dalla data di convocazione (art 38 legge 352/1970), viceversa nel caso in cui la proposta incontri il favore del corpo elettorale, vi è un orientamento della dottrina secondo il quale anche il parlamento non avrebbe la possibilità di reintrodurre la disciplina abrogata dal referendum, almeno nei 5 anni successivi dalla convocazione.
In caso di successo del referendum, l’abrogazione delle disposizioni ha effetto dal giorno seguente la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Presidente della Repubblica, il quale può anche rinviare di 60gg la pubblicazione, dietro richiesta del ministro della giustizia.
Referendum Costituzionale
Art . 138 “Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.
Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.”
Il referendum costituzionale rientra nell’ambito degli strumenti di partecipazione popolare, che attribuiscono una funzione deliberativa al corpo elettorale.
Esso è previsto dall’articolo 138, il quale lo differenzia dal referendum abrogativo di cui all’art.75 in quanto l’oggetto di tale consultazione richiede una valutazione su una legge di rango costituzionale, che sia stata approvata da ciascuna camera in seconda deliberazione a maggioranza assoluta dei componenti e che ancora non sia entrata in vigore, in quanto si inserisce nella fase che precede la promulgazione.
Questo momento della consultazione referendaria non rappresenta una tappa necessaria, non è parte integrante del procedimento di formazione di una legge costituzionale, quanto piuttosto costituisce un’eventualità con caratteristiche eminentemente ostative, volte per lo più all’impedimento dell’adozione dell’atto normativo. Eventualità che può essere azzerata dalla approvazione a maggioranza qualificata di 2/3 dei componenti di ciascuna delle Camere.
L’iniziativa differisce per un solo elemento da quella dell’art 75, in quanto viene conferita anche ad una minoranza qualificata di 1/5 dei componenti di ciascun ramo del Parlamento la possibilità di presentare una richiesta di consultazione referendaria.
Ai fini della validità della consultazione non è prevista alcuna maggioranza strutturale In relazione alla partecipazione del corpo elettorale, è richiesta solo la maggioranza dei votanti per l’approvazione del referendum.
La partecipazione propositiva I: l’iniziativa legislativa popolare
La partecipazione del corpo elettorale attraverso gli istituti della democrazia diretta non assolve esclusivamente a funzioni deliberative come nel caso dei referendum; infatti per mezzo di altri strumenti quali l’iniziativa legislativa popolare ed il diritto di petizione la parte politicamente attiva può dare impulso e stimolo alle istituzioni svolgendo una funzione propositiva.
In questi casi il popolo e la sua parte politicamente attiva svolgono per l’appunto soltanto una delle tre funzioni attribuite dalla Costituzione al corpo elettorale, quella propositiva; restano invece legate ai propri specifici istituti le altre due funzioni del corpo elettorale, ossia quella prepositiva ad organi mediante elezioni e quella deliberativa per mezzo del referendum.
Una differenza fondamentale fra gli istituti che afferiscono alle funzioni deliberative rispetto a quelli che sono relativi alle funzioni propositive si profila in relazione ai destinatari delle richiesta: i primi sono rivolti alla deliberazione della restante parte del corpo elettorale, questi ultimi invece si caratterizzano per il contenuto di mera proposta indirizzato alle attività di altri poteri, in capo ai quali non sorge alcun obbligo di pronunciamento come avviene per esempio nelle Camere del Parlamento, Camera dei deputati e Senato della Repubblica, nei Consigli Regionali etc.
Art 71 II comma: Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli.
L’art.71 comma II sancisce la potestà di una parte significativa del corpo elettorale di dare avvio al procedimento di formazione della legge, presentando la proposta d i un progetto di legge redatto in articoli.
Due sono i requisiti per la ricevibilità che emergono dalla lettura della disposizione, per un verso uno è di carattere soggettivo , viceversa l’altro è di carattere oggettivo.
Da una parte sono specificati il numero e la qualità di chi presenti il progetto di legge, ossia il numero di 50’000 persone e la qualità di essi, ossia di persone che abbiano maturato il diritto di voto e quindi rientrano nel novero delle liste elettorali; dall’altra risulta prescritta una forma ben determinata per la redazione della proposta, ossia un progetto redatto in articoli.
Ulteriori condizioni sono prescritte dalla legge 352/1970 -Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo- negli articoli 48 e 49 del Titolo IV – Iniziativa del popolo nella formazione delle leggi- .
L’esercizio di questo diritto costituisce sostanzialmente in un mero avvio di un procedimento che potrebbe comportare il duplice effetto negativo, per il quale chi presenta una proposta ne perde proprio al momento della consegna la disponibilità e chi la riceve magari potrà essere interessato sotto altri fronti, inducendo la produzione di una fase di stallo, ossia una vero e proprio arresto dell’attività legislativa richiesta, la quale potrà rimanere incardinata soltanto nel momento iniziale.
La partecipazione propositiva II: il diritto di petizione
Art. 50 “Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità.”
Il diritto di petizione si distingue dagli altri due istituti di democrazia diretta in quanto una sua caratteristica peculiare consiste nella mancanza del requisito della collettività dell’atto il quale infatti può anche essere compiuto personalmente dal singolo interessato con la finalità di estrinsecare esigenze personali in qualche modo diffuse nella società o in frazioni di essa.
Un ulteriore elemento di specialità è rappresentato dall’apertura di questo strumento di partecipazione attiva non solo al corpo elettorale, ma anche ai cittadini, termine interpretabile nel suo significato più esteso che concerne la qualifica di ogni essere umano, e ai non elettori in particolar modo.
Infine in contrapposizione alla struttura formale e alla redazione in articoli dell’iniziativa legislativa, per quanto attiene al diritto di petizione non occorre soddisfare specifici requisiti né assumere forme istituzionalizzate.
Ferma restando la possibilità della proposizione attraverso anche il singolo individuo essa non è in ogni caso ammissibile per rivendicare un diritto soggettivo o per far valere un interesse legittimo ma si pone sempre a tutela dell’interesse generale di una pluralità.